Elemento importante da conoscere è come i Tarocchi del Mantegna comunicano con noi, la mantica dei tarocchi, è ispirata da più elementi.
Primo e più immediato da comprendere e saper decifrare è attraverso le immagini, esse comunicano con noi in diversi modi, esse possono essere allegorie, segni o simboli.
Maggiore e più profonda è la nostra conoscenza di queste immagini, dei personaggi rappresentatiti, dei concetti espressi, delle dinamiche che tra di loro intercorrono e meglio conosciamo il significato, il valore dei simboli che li adornano, più lucida e chiara sarà la nostra divinazione.
Riflettere profondamente sui trionfi ci renderà più facile interpretare letture che a un primo sguardo possono apparire oscure o complesse e cosa più importante non cadremo in interpretazioni improbabili o nefaste.
La divinazione intuitiva
La chiave della comprensione delle immagini passa da due principali modelli di rappresentazioni grafiche esse sono l’allegoria e il simbolo.
L’allegoria è una figura retorica per cui qualcosa di astratto viene espresso attraverso un’immagine concreta: in essa, come nella metafora, vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, non si basa sul piano emotivo bensì richiede un’interpretazione razionale di ciò che sottintende. Essa opera quindi su un piano superiore rispetto al visibile e al primo significato: spesso l’allegoria si appoggia a convenzioni di livello filosofico o metafisico. Per chiarire, un esempio tratto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri:
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggiera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
Temp’ era dal principio del mattino,
e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
Qui le tre fiere rappresentano tre animali che turbano l’animo dell’uomo: la superbia(leone), l’avidità e la cupidigia (lupa), la lussuria (lonza).
Compresa l’allegoria è importante ora anche definire altri concetti presenti neli Tarocchi del Mantegna, essi sono, il simbolo, l’archetipo e il segno.
Avendo chiaro la distinzione di questi elementi potremmo meglio comprendere ed interpretare quello che i Tarocchi vogliono dirci.
Il simbolo è qualcosa di più concreto, statico, assoluto rispetto all’allegoria: per sempio si può dire che un’aquila sia simbolo di regalità e di forza.

Il contesto è basilare nell’interpretazione quando si parla di allegoria: riprendendo lo stesso esempio un’aquila che all’interno di una narrazione scende dal cielo e compie una serie di azioni significative, quell’aquila può rappresentare un’immagine più complessa (può ad esempio simboleggiare l’Impero o una situazione politica particolare). Spesso l’allegoria al massimo grado di complessità, ha un’interpretazione “soggettiva”, cioè legata al tipo di lettura che se ne fa.
In altre parole, si può dire che il legame tra oggetto significato e immagine significante nell’allegoria sia arbitrario e intenzionale, mentre nel simbolo è convenzionale: nell’allegoria il significato non può essere decodificato in maniera intuitiva e immediata, ma necessita di un’elaborazione intellettuale. L’allegoria è comunque sempre “relativa”, nel senso che è suscettibile di una discussione critica nella fase di interpretazione e si presta quindi a diverse letture.
Il segno è la relazione tra significante e significato, ovvero il rapporto tra l’espressione ed il suo contenuto, la scolastica lo definisce “qualcosa che sta per qualcos’altro”, usiamo il segno per trasmettere un’informazione, e quindi i segni sono definiti da convenzioni che li rendono adeguati a comunicare. La scrittura è l’esempio per antonomasia del segno ma ovviamente l’uomo nella sua storia ha creato migliaia di simboli sin dalla preistoria.


Archètipo s. m. [dal lat. archety̆pum, gr. ἀρχέτυπον, comp. di ἀρχε- (v. archi-) e τύπος «modello»]. – 1. Primo esemplare, modello: l’Iliade può essere considerata l’a. dei poemi

epici o eroici. 2. In filosofia, spec. nella tradizione platonica, l’essenza sostanziale delle cose sensibili. Anche come agg.: idee archetipe. 3. Nel pensiero dello psichiatra e psicologo svizz. C. G. Jung (1875-1961), immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo, la quale riunisce le esperienze della specie umana e della vita animale che la precedette, costituendo gli elementi simbolici delle favole, delle leggende e dei sogni. 4. Nella critica testuale, il manoscritto non noto ma ricostruibile con maggiore o minor sicurezza attraverso il confronto dei manoscritti noti, come quello da cui essi tutti deriverebbero secondo i rapporti di dipendenza raffigurati nello stemma, o albero genealogico; l’archetipo rappresenta un testo che, rispetto ai codici noti, è più vicino e complessivamente più fedele all’originale. Il termine è usato con analogo sign. anche nell’archeologia e nella storia dell’arte: statua che riproduce l’a. di Lisippo.