Apollo è il ventesimo Trionfo del Mazzo di Tarocchi del Mantegna.
Apollo (in greco antico: Ἀπόλλων, Apóllōn; in latino: Apollo) è una divinità nelle Religioni dell’antica Grecia (mitologia greca), Dio del Sole (di cui ne traina il carro), di tutte le arti, della musica, della profezia, della poesia, della medicina, delle pestilenze e della scienza che illumina l’intelletto; il suo simbolo principale è il Sole o la Lira. In seguito fu venerato anche nella Religione romana.
Essendo il Dio della poesia è il capo delle Muse, viene anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo contrariavano (una sua freccia scagliata con il suo arco portava pestilenze e malattie ad intere nazioni). In quanto protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo è anche venerato come Dio oracolare, capace di svelare, tramite la sacerdotessa detta Pizia, il futuro agli esseri umani. Anche per questo, era adorato nell’antichità come uno degli Dèi più importanti del Dodekatheon. Nella tarda antichità greca Apollo venne anche identificato come Dio del Sole, ed in molti casi soppiantò Helios quale portatore di luce e auriga del cocchio solare. Nella Religione romana, non aveva nessuna controparte, ed il suo culto venne introdotto a Roma circa nel 421 a.C. In ogni caso, presso i Greci Apollo ed Helios rimasero entità separate e distinte nei testi letterari e mitologici dell’epoca, ma non nel culto, dove Apollo era ormai stato assimilato con Helios.[1]
Come divinità greca, Apollo è figlio di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e fratello gemello di Artemide (per i Romani Diana), dea della caccia e più tardi una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme a Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante).
Apollo in Grecia[modifica | modifica wikitesto]
Apollo con grifone, Ascoli Satriano (FG)
Apollo era uno degli Dèi più celebri ed influenti nell’antica Grecia; ed erano due le città che si contendevano il titolo di luoghi di culto principali del dio: Delfi, sede del già citato oracolo, e Delo. L’importanza attribuita al dio è testimoniata anche da nomi teoforici come Apollonio o Apollodoro, comuni nell’antica Grecia, e dalle molte città che portavano il nome di Apollonia. Il Dio delle arti veniva inoltre adorato in numerosi siti di culto sparsi, oltre che sul territorio greco, anche nelle colonie disseminate sulle rive africane del Mediterraneo, nell’esapoli dorica in Caria, in Sicilia e in Magna Grecia.
Apollo a Roma[modifica | modifica wikitesto]
Apollo in un mosaico romano del II secolo, cinto da un’aureola rappresentante il sole.
A differenza di altri Dèi, Apollo non aveva un equivalente romano diretto, ed il suo culto venne importato a Roma direttamente dai Greci. Ciò avvenne comunque in tempi piuttosto recenti nella storia romana, dato che fonti tradizionali riferiscono che il culto era presente in epoca regia. Nel 431 a.C. ad Apollo fu intitolato un tempio in una località dove già sorgeva un sacello od un’area sacra di nome Apollinar come scrive Livio III, 63, 7, in occasione di una pestilenza che afflisse la città. Durante la seconda guerra punica, invece, vennero istituiti i Ludi Apollinares, giochi in onore del Dio. Il culto venne incentivato poi, in epoca imperiale, dall’imperatore Augusto, che per consolidare la propria autorità asserì di essere un protetto del dio, che avrebbe anche lanciato un fulmine nell’atrio della sua casa come presagio fausto per la sua lotta contro Antonio; tramite la sua influenza Apollo divenne uno degli Dèi romani più influenti. Dopo la battaglia di Azio l’imperatore fece rinnovare e ingrandire l’antico tempio di Apollo Sosiano, istituì dei giochi quinquennali in suo onore e finanziò anche la costruzione del tempio di Apollo Palatino sull’omonimo colle dove fu conservata la raccolta di oracoli detta Libri Sibillini. In onore del Dio, e per compiacere il suo imperatore, il poeta romano Orazio compose inoltre il celebre carmen saeculare.
Apollo presso gli Etruschi[modifica | modifica wikitesto]
L’Apollo di Veio, particolare con la testa
Nella religione etrusca è possibile trovare un corrispettivo di Apollo nel Dio dei tuoni Aplu o Apulo. Tuttavia non è ancora chiaro se l’immagine del Dio etrusco sia derivata, o no, dal Dio greco. Quale dio della profezia presso gli Etruschi però trovava un corrispettivo anche in Suri.
Origini del culto[modifica | modifica wikitesto]
Le origini del culto apollineo si perdono nella notte dei tempi. È comunque opinione comune e consolidata tra gli studiosi che il culto del Dio sia relativamente recente e che, precedentemente ad Apollo, il santuario di Pito avesse una sua antichissima religione ctonia, legata al culto della Dea Madre. Lo stesso racconto di Eschilo su Apollo che riceve il santuario da Gea, Febe e Temi (Eumenidi, vv.1-19), tenderebbe a confermarlo. Una teoria però (Sanna 2007), basata sulla decifrazione degli enigmatici e tanto discussi documenti greci di Glozel (Vichy, Francia), tenderebbe ad ampliare il quadro mitico-storico interessante l’oracolo e collegherebbe la nuova, non identificata divinità, alla vicenda cadmea di Europa e a quella dell’alfabeto portato dallo stesso Cadmo in Beozia in periodo premiceneo. Divinità semitica che di quell’alfabeto, di provenienza siro-palestinese, era l’assoluta detentrice. Il santuario ctonio di Pito era stato dunque occupato, in qualche modo, da una divinità non greca (yh: da cui il noto successivo grido di IE, per Apollo “IEIOS”) [senza fonte] la quale però, a sua volta, venne grecizzata, secondo quanto fa intendere il noto racconto erodoteo (Historiae, I,61-62) sulla cacciata dei Cadmei, ovvero dei semiti, da parte degli Argivi. Tuttavia la divinità inglobata nella sfera della cultura greca manteneva alcuni dei caratteri orientali della divinità, come ad esempio l’ineffabilità, la figura androgina, l’aspetto di Dio cacciatore ed inseguitore del lupo (da cui Apollo Liceo), le qualità di Dio ambiguo od obliquo (Lossia) ma, per chi sapeva capirlo rettamente, salvatore e liberatore. Con la calata dei Dori (XII -XI secolo a.C.), una volta annientati i Micenei, il santuario, verosimilmente, subì l’umiliazione e la distruzione dei vincitori e solo verso il IX – VIII secolo a.C. fu riaperto e si risollevò, ma con un Lossia del tutto trasformato e in linea con la nuova Religione. Il potentissimo Dio androgino di origine semitica entrerebbe così a far parte della sacra famiglia olimpica, sdoppiandosi in Apollo e Artemide e diventando figlio di Zeus e di Leto. Sempre secondo questa teoria, supportata da accertati documenti, la famosa E apud Delphos (la lettera alfabetica epsilon posta tra le colonne nell’ingresso del santuario apollineo) di cui scrive Plutarco, la “E” che stava alla base dell’epifonema esprimente ‘acuto dolore’ (Esichio) dei fedeli, potrebbe fornire la prova che il nome di Apollo (mai sufficientemente compreso e spiegato dagli studiosi: Farnell, Kern, Hrozny, Nilsson, Cassola, ecc.) fosse derivato da un A/E -pollòn (il grido di dolore “ah!,eh!” esclamato più volte, così come testimoniano la letteratura greca tragica e paratragica).
Nell’età del bronzo greca non esistono attestazioni (almeno nelle tavolette di lineare B note) ad Apollo. Ne esistono invece numerose per il dio Paean (Παιών-Παιήων), un epiteto di Apollo in età classica, noto in Acheo come pa-ja-wo-ne (e collegato con numerosi santuari antichi di Apollo). Paean è il guaritore degli Dèi, ed il Dio della magia e del canto (da cui peana) magico-profetico. Come Dio della cura Paean compare anche nell’Iliade, dove, significativamente, non è completamente sovrapposto con Apollo (che parteggia esclusivamente per i troiani).
Infatti esisteva un importante Dio anatolico, (forse connesso con l’antica religione indoeuropea, e simile al Dio vedico Rudra o meglio alla coppia Rudra-Shiba) noto come Aplu (stranamente lo stesso nome dell’Apollo etrusco) che è un Dio terribile, legato alla malattia, ma anche alla cura, ed un potente arciere, forse anche un protettore della caccia e degli animali selvatici. Per gli Ittiti e gli Hurriti Aplu era il Dio della peste e della fine della pestilenza (come nell’Iliade). Per gli Hurriti soprattutto andava collegato agli Dèi mesopotamici Nergal e Shamash. Molti culti anatolici sono legati alla profezia ed alle sacerdotesse (od anche ai sacerdoti) che cadono in trance mistica per profetizzare, proprio come le sacerdotesse di Apollo a Delfi. Apollo, come già ricordato, è uno degli Dèi che parteggiano per l’asiatica ed anatolica città di Troia nell’Iliade, forse elemento che nasconde una reminiscenza micenea, ovvero un Dio che durante la fine dell’età del bronzo non sarebbe ancora greco, ma decisamente anatolico, e sarebbe aggiunto agli olimpi solo in un momento successivo a quella guerra (si veda anche di seguito).
Sempre in età arcaica, con probabili connessioni al periodo miceneo, esistono dei riferimenti ad Apollo Smintheus, il Dio “ratto” legato all’agricoltura (forse una divinità pre-indeuropea, assunta a epiteto del Dio Apollo), ed in particolare ad Apollo Delfino. Questo epiteto di Apollo, molto venerato a Creta ed in alcune isole egee, potrebbe essere un Dio marino minoico. Ma Apollo poteva trasformarsi in tutti gli animali, fra cui proprio nei delfini, sovente raffigurati nell’arte minoica. Delfino (Delphinios) è un’etimologia alternativa a grembo (Delphyne) per il principale santuario del dio a Delfi. Sempre nella, per ora pressoché sconosciuta, Religione minoica esisteva una signora degli animali, collegabile ad Artemide-Diana, od anche a Birtomartis/Diktynna (nome a sua volta presumibilmente di etimologia minoica), che presumibilmente avrebbe dovuto avere un doppio maschile. E se la divinità femminile è antesignana di Artemide, quella maschile è da porsi in riferimento ad Apollo. Inoltre i sacerdoti di Apollo a Delfi si definivano Labryaden, nome che a sua volta rimanda alla doppia ascia ed al labirinto, simboli religiosi importanti per i Cretesi. Tutti questi riferimenti secondo questa meticolosa ma discutibile analisi portano ad ipotizzare che nell’Apollo classico siano confluiti uno o più Dèi minoici o comunque pre-indeuropei della Grecia ed almeno un Dio anatolico.
Attributi ed epiteti
Apollo con in mano una lira, uno dei suoi simboli tipici, in una statua del primo secolo.
Apollo è normalmente raffigurato coronato di alloro, pianta simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il Dio fosse nato. Suoi attributi tipici sono l’arco, con le sue portentose frecce, e la cetra. Altro suo emblema caratteristico è il tripode sacrificale, simbolo dei suoi poteri profetici. Animali sacri al dio sono i cigni (simbolo di bellezza), i lupi, le cicale (a simboleggiare la musica ed il canto), ed ancora i falchi, i corvi ed i serpenti, questi ultimi con riferimento ai suoi poteri oracolari. E ancora il gallo, come simbolo dell’amore omosessuale, diversi, infatti, gli uomini di cui il Dio s’innamorò. Altro simbolo di Apollo è il grifone, animale mitologico di lontana origine orientale.
Come molti altri Dèi greci, Apollo ha numerosi epiteti, atti a riflettere i diversi ruoli, poteri ed aspetti della personalità del Dio stesso. Il titolo di gran lunga maggiormente attributo ad Apollo (e spesso condiviso dalla sorella Artemide) era quello di Febo, letteralmente “splendente” o “lucente”, riferito sia alla sua bellezza sia al suo legame con il sole (o con la luna nel caso di Artemide). Quest’appellativo venne mutuato ed utilizzato anche dai Romani.
Nella divinazione.
Apollo è il potere la luce, la fonte dell’energia tanto creatrice quanto distruttrice paura di usarelo? spregiudicatezza?
E’ la materializzazione del potere divino, emanazione di quella “linfa vitale” che pervade ogni cosa.